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100 anni di Valentino Mazzola

Cento anni fa, il 26 gennaio 1919, nasceva quello che forse è stato il miglior giocatore italiano di tutti i tempi, Valentino Mazzola. Icona di un calcio a tinte sbiadite “color seppia” che ha saputo sopravvivere al trascorrere del tempo ed alla sua tragica scomparsa non solo grazie alla sua immensa classe ed al suo indiscusso carisma, ma anche attraverso i ricordi ed il rispetto che, trasversalmente, gli hanno sempre riconosciuto gli sportivi italiani.

Valentino è stato il primo giocatore “moderno” italiano; uno di quei giocatori che avrebbe sicuramente trovato spazio anche nel frenetico football odierno.


Mazzola è stato l’uomo simbolo del Grande Torino prematuramente scomparso a Superga nel ’49. Non solo un capitano, ma un esempio e un trascinatore. Un condottiero che nel rimboccarsi le maniche chiamava i compagni a se per dar vita al poi celebre “quarto d’ora granata” che risolveva le partite.


Prima di diventare mito e leggenda Mazzola, assieme ad un gruppo di giocatori straordinari, ha trovato il tempo regalare alla “provinciale” Venezia uno dei capitoli più belli della ultra centenaria storia neroverde; un’epoca d’oro ancora fiore all’occhiello del calcio veneziano.

In neroverde Mazzola gioca 63 partite dal 1939 al 1942 segnando 12 reti, regalando al Venezia un terzo posto (ancora oggi miglior piazzamento neroverde in serie A) e una Coppa Italia, vinta in finale contro la Roma.


Più volte Il figlio Sandro ha sottolineato quanto fosse forte il sentimento che legava il padre al Venezia, regalando anche qualche aneddoto inedito: “Mio padre fu scoperto mentre palleggiava con qualche commilitone in spiaggia. In quel periodo – fine anni ’30 – prestava servizio in Marina proprio a Venezia e fu visto da un osservatore della squadra lagunare mentre giocava sulla spiaggia del Lido. Fu subito convocato per una selezione alla quale si presentò senza scarpe perché non aveva abbastanza soldi per acquistare gli “scarpini” e nonostante ciò fu in grado di sorprendere tutti pur giocando a piedi scalzi”.


Fu solo il primo capitolo di quelle tre meravigliose stagioni trascorse in laguna dal compianto fantasista lombardo.


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